Panel etico: Ingredienti per il cambiamento: accessibilità e convivenza delle differenze.

Interventi di: Elena Panciera (moderatrice), Rosella Bertolotto,
Francesca Gentile, Jessica Retto e Gaby Diaz

Noi siamo venute a cercare di riflettere insieme a voi su un argomento che ci sta a cuore, essendo prima generazione di migranti latinoamericani e ritenendoci parte di una nuova generazione di italiani, ed è il fatto che i nostri connazionali o altre persone con un background migratorio a Genova non partecipa a questo tipo eventi accademici o culturali

Quindi ci siamo chieste come mai succede?

Questo è il 3° anno che partecipiamo a BIG e abbiamo notato che c’è poca partecipazione da parte delle diverse comunità presenti a genova o probabilmente non sappiamo se ci sono perché non si vede a colpo d’occhio.

…tra i partecipanti ci sono solo 6 persone con background migratorio.

Quindi come mai un evento che parla di marketing e comunicazione come questo (davanti all’evidenza) non gode della partecipazione di queste persone che fanno comunicazione, marketing o design? (perche sapiamo che ci sono)

E non è un caso isolato, l’abbiamo notato in altri settori: non partecipano neanche a progetti nelle scuole o con i municipi, progetti che sono aperti a tutti, in cui si parla proprio di favorire l’inclusione e di comunicazione interculturale, avendo mediatori e mediatrici culturali da molti anni presenti nel territorio.

Parliamo anche delle festività, di cortei storici, di manifestazioni in piazza, come il corteo del 25 aprile in cui non c’è una vera rappresentazione di altre comunità, anche se sono molto radicate da anni nel territorio, con persone che coprono tutti i ruoli e lavorano in ogni settore. Per esempio Si Mohamed Kaabour Consigliere del Comune di Genova e delegato alle relazioni internazionali.

La prima riflessione che ci venuta in mente è

Sono loro a non interessarsi o è la comunicazione che li taglia fuori?

Da una parte, nel nostro specifico, ci sono delle persone che fanno comunicazione e marketing nella comunità Latinoamericana a Genova, che hanno portato la loro esperienza e competenze, laureati e rodati nel loro paese di origine e che attualmente lavorano in questo settore qui sul territorio, e non sono qui.

…potrebbero interessarsi, partecipare e condividere con noi le loro esperienze, come noi?

Facendo queste riflessioni ci hanno fatto pensare nei perche…

Innanzitutto teniamo conto che la maggioranza di queste persone escono dal loro paese d’origine devono mettersi a lavorare e impare la lingua in fretta e non si concederono dei momenti di aggiornamento professionale e un’altra cosa che accade è l’auto esclusione perche si rapportano solo con connazionali. 

Quello che troviamo in entrambi casi è  della loro  percezione di avere poche opportunità: nelle scuole, nelle università, nel sistema sanitario, perché si sentono degli outsider, fuori luogo e senza diritti, o pensano di  non essere abbastanza per dire la propria idea ad altri italiani (e questo lo dico per esperienza propria).

Come risposta a questi comportamenti, come facciamo noi ad arrivare a queste persone?

Noi insieme alle associazioni, come Co.Li.Do.Lat, RiCreArti o Nuovi profili, parliamo con donne,  migranti, e con loro figli e figlie, bi o tri lingui, 

(ognuna con le proprie modalità)  Coinvolgiamo loro in eventi sociali, laboratori o riunioni organizzative dove sono invitati a partecipare attivamente per raccontare le loro storie o apportare le loro conoscenze . In questo modo loro si rendono conto che sono ricchi di potenziale, che queste storie sono desiderate, che  gli italiani cominciano ad adottare le loro abitudini grazie alla condivisione e rendendole visibili a tutti possono diventare una fortalezza (passatemi il termine) per loro stessi e per arricchire la società.

Quindi piano piano diventano più propensi a raccontare la propria storia, a partecipare e a rendere la loro inclusione sociale più fluida. e cominciano anche a spargere la voce e fare passaparola tra di loro e tornano con amici e parenti che fanno nuove proposte.

Ad esempio il laboratorio gastronomico dove sono invitate a partecipare con una ricetta, mentre si  cucina insieme, si parla a 360 di quella cultura, degli ingredienti, di aneddoti, del loro vissuto,

E dall’altra parte, ritornando al tema di BIG, marketing e comunicazione, il tipo di comunicazione di questi tipi di eventi di solito si fa va indirizzata alle grandi masse con una comunicazione verticale, potrebbe modificarsi in una comunicazione che parte dal basso, che gli va a cercare e gli parla da più vicino, che va praticamente a toccare la porta di casa di queste persone e si impone una comunicazione interculturale?

Pensate come sarebbe ricca una comunicazione che è fatta da input culturali diversi, pensiamo a come il linguaggio che usiamo può veramente essere inclusivo. Come la meloni che sta facendo dei discorsi in varie lingue. 

Quello che possiamo fare qui  insieme è di trovare un linguaggio comune che permetta la permeabilità totale della culture e venga usata per non lasciare indietro nessuno, per arrivare alle grandi masse ma in ogni casa, anche se si parla arabo, spagnolo o wolof.

Noi possiamo veramente fare la differenza per dare forza alle loro radici, per fare crescere un seme, un albero che è venuto qui in Italia per migliorare se stessi e insieme migliorerà sicuramente anche tutti noi.